Scienza
Materia Oscura: Abbiamo le prove?
Rita Bernabei, ricercatrice dell’Università di Roma, ha annunciato che lo studio denominato “DAMA” (da “Dark Matter”, ovvero Materia Scura) condotto con i suoi colleghi collaboratori proverebbe l’esistenza della materia oscura nell’Universo.
Attraverso una tecnica particolare si può individuare nello spazio la materia considerata invisibile. Inevitabilmente si è accesso un ampio dibattito negli ambienti scientifici, soprattutto negli Stati Uniti. Si sono formate correnti di pensiero diametralmente opposte, con assertori favorevoli alla studio condotto dalla ricercatrice italiana ed altri che sostengono la non sufficiente validità della dimostrazione.
Ma cos’è la MATERIA OSCURA?
Il termine può sembrare misterioso, ma altro non è che il nome che fisici ed astronomi danno alla materia nello spazio che non emette luce visibile o radiazioni in genere.
La materia è qualsiasi cosa abbia una massa ed occupi lo spazio; può essere vista perché emette luce o ne riflette da un’altro oggetto. La materia oscura invece non può essere vista perché non emette luce né riflette quella di altri sorgenti; però è lì, intorno a noi nello spazio che circonda la terra, la nostra galassia e le galassie dell’Universo.
L’esistenza di questa materia fu sospettata a partire dagli anni trenta, quando gli scienziati studiando alcuni ammassi di galassie nella Chioma di Berenice e nella Vergine osservarono che le velocità di questi oggetti celesti erano di gran lunga superiori a quelle ipotizzabili e previste dai sistemi gravitazionali la cui massa fosse soltanto quella visibile. Fu solo negli anni ’70 che riuscendo a campionare un maggior numero di galassie e sulla base di studi approfonditi sul moto delle stelle nelle galassie, la comunità scientifica fu costretta a prendere atto del problema della materia oscura.
Nel 1997, un’immagine del Telescopio Spaziale Hubble rivelò che la radiazione di un lontano ammasso di galassie era “incurvato” da un altro ammasso di galassie in primo piano nell’immagine. Basandosi sul modo in cui la luce era deviata, gli astronomi stimarono che la massa del secondo ammasso doveva essere oltre 200 volte maggiore di tutta la materia visibile che lo componeva. Da qui l’ipotesi che sia la materia oscura a formare la massa che manca in quell’ammasso di galassie. Si sa che esiste soltanto per gli effetti che esercita sulla materia vicina, che invece possiamo osservare direttamente.
Attualmente questo è il problema più importante della cosmologia. Al momento non si sa da cosa sia composto il 99% del nostro Universo e quale è la componente principale della massa che lo forma. Studiando la materia oscura si scopriranno molte cose nuove. Dimensioni, forma e destino futuro dell’Universo sono direttamente legati a questa “Massa Mancante”. La materia oscura potrebbe anche spiegare come si sono formate le galassie, il perché delle rispettive “gerarchie” astronomiche come galassie, ammassi di galassie, superammassi di galassie, ecc., insomma una specie di chiave di volta.
Con metodi indiretti gli astrofisici hanno inoltre stimato che la materia barionica (cioè costituita da protoni e neutroni) che non emette luce visibile sia circa 9 volte quella che emette luce visibile.
Ma di cosa è composta? Si tratta di enormi nubi di gas nei grandi ammassi di galassie, di buchi neri provenienti dal collasso di stelle e anche di Buchi Neri massicci al centro delle galassie, di stelle morte come le Nane Bianche o le Stelle di Neutroni, oggetti di dimensioni planetarie e di massa incredibilmente alta?
Non è impossibile dare una risposta a queste domande, ma solo dopo aver “catturato” la prova della Materia Oscura. Per questa ragione è intuibile come possa nascere un acceso dibattito non appena si discute di risultati tangibili.
“Finora non vi è alcun altro esperimento, oltre al nostro, il cui risultato possa essere direttamente paragonato in una modalità indipendente da modelli teorici”, ha detto Rita Bernabei, citata anche dal New York Times.
Spiegato in termini semplici, l’esperimento consiste in un rilevatore posto sotto il Massiccio del Gran Sasso, costituito da un grande “serbatoio” di ioduro di sodio, sostanza che ha la proprietà di lampeggiare al passaggio di particelle particolari chiamate “Wimp”, rimanenze del Big Bang che diede “inizio” al nostro Universo. La Terra, nel suo “abituale” viaggio intorno al Sole che dura 12 mesi, incontra (per così dire) un “vento” di particelle di Materia Oscura; da sette anni vengono monitorati i rivelatori (sono due) e a parer della dott.ssa Bernabei, oggi sembra che ci siano ottimi motivi per poter parlare di “prove” tangibili. I maggiori quotidiani americani hanno dedicato ampio spazio all’argomento, ed i confronti tra i fisici impegnanti in questa ricerca sono appena cominciati e sicuramente dureranno a lungo.
Di certo si può dire che se la rivelazione della nostra scienziata supererà i duri confronti che l’aspettano ed il suo studio venisse confermato nei suoi risultati, sappiamo già il nome del prossimo Nobel per la Fisica.
23 Set 2009 | Aldo Gaglianotags: Materia oscura massa mancante
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